I cookie ci aiutano ad offrirti un servizio migliore. Accedendo a questo sito, accetti il fatto che potremmo memorizzare e accedere ai cookie sul tuo dispositivo.

Conclusione

Osservando il quadro di Maria Sposa della Famiglia, alcuni si scandalizzano per la non celata femminilità dell’immagine, preferendo le rappresentazioni più castigate della tradizionale iconografia mariana. Non di rado, nel corso dei secoli, questa sensibilità è stata l’espressione di una visione che, paradossalmente, finì presto per disincarnare dalla corporeità e dalla storia proprio la Madre del Verbo Incarnato! Di fatto, con queste apparizioni in veste di Sposa, Maria ha riaffermato un'identità e un ruolo che le compete nella Chiesa e nella famiglia umana.
Non vuole essere considerata un’ammuffita riedizione in chiave cristiana della dea madre, ma una vera donna in tutta la sua femminilità, discepola di suo Figlio e sua collaboratrice nel ruolo di modello della “Comunità-Sposa” del Messia. Infatti, Maria Sposa della Famiglia è la personificazione di una teologia sponsale fortemente attestata nel Primo e nel Nuovo Testamento, culminante nella visione delle Nozze dell'Agnello descritte nel libro dell'Apocalisse (capp. 19-22) a sigillo di tutta la Rivelazione.
Questa teologia sponsale era tenuta in alta considerazione nella Chiesa antica; basti ricordare le Odi di Salomone, primo esempio di poesia cristiana in stile semitico, in cui l'esistenza cristiana è concepita come un'unione di tipo nuziale. Oppure, la visione dei Padri della Chiesa, con un maestro come Origene che descriveva la trasformazione nello Spirito Santo come un processo ininterrotto in tre tappe: dalla purificazione e dall'illuminazione all'unione nuziale, fino alla pienezza dell'assimilazione a Dio.
Nel trattato su La Verginità, Gregorio di Nissa mostra come il mistero stesso della Trinità doni significato e fondamento alla scelta della verginità, intesa come “matrimonio interiore e spirituale con Dio” (cf. A. Hamman, Per leggere i Padri della Chiesa, Ed. Borla, Roma 1992).
Su questa stessa scia, una schiera di santi e mistici di tutti i tempi ha vissuto e descritto la “vita nello Spirito” con un linguaggio di tipo sponsale: Bernardo di Chiaravalle, Gertrude di Helfta, Angela da Foligno, Chiara d'Assisi, Caterina da Siena, Giovanni della Croce, Teresa d'Avila, Teresa di Lisieux e, ai nostri giorni, Madre Teresa di Calcutta, si muovono tutti in questa stessa direzione.
Le odierne apparizioni di Maria in veste di Sposa della Famiglia costituiscono una sorta di consacrazione di questo filone sponsale che dall'epoca biblica sfocia nel tempo della Chiesa.
La posta in gioco non è semplicemente un nuovo appellativo (Sposa della Famiglia) da aggiungere alla lista dei titoli mariani, ma il giusto riconoscimento, nel cammino storico della Chiesa, della centralità dell’esperienza dell’amore nella relazione con Dio.
Il fondamento biblico di questa teologia e mistica sponsale è stato delineato in modo efficace dal gesuita padre Francesco Rossi de Gasperis, che dal 1977 fa parte della comunità del Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme, ove insegna e approfondisce il tema delle radici ebraiche della fede cristiana e della teologia cristiana di Israele, tenendo corsi biblici e conferenze presso il Centro “Ecce Homo” e l'Istituto “Ratisbonne”.
Leggiamo alcuni passaggi del suo libro su Maria nel contesto della Chiesa Madre di Gerusalemme, relativi al tema trattato:

«Leggendo Ap 12 abbiamo considerato il significato biblico della donna, quale personificazione e simbolo dell'umanità-partner di Dio, sia nella creazione sia nell'alleanza (Gen 3,15; Is 54; eccetera).
Tanto l'umanità quanto Israele, davanti al Dio creatore e salvatore, sono donna, sposa e madre. Il simbolismo nuziale, pur non essendo l'unico a cui sia affidato il compito di significare il rapporto tra Dio e l'umanità, o tra JHWH e Israele, è uno dei più alti e dei meno ambigui, dal momento che esso scaturisce dalla libertà dello Sposo (Dio, JHWH) che sceglie e chiama l'amata, e da quella della sposa (l'umanità o Israele), che consente all'elezione e corrisponde alla chiamata amorosa. Si pensi al Cantico dei Cantici e al suo ruolo privilegiato nella tradizione ebraica e cristiana [...].
Nel Nuovo Testamento il Dio Sposo viene incontro a Israele (e a tutta l'umanità) nella carne di Gesù di Nazaret. La biblica donna-partner di Dio diventa, perciò, la madre del Messia, culmine del popolo messianico (Mt 1-2; 12,46-50; Mc 3,31-35; Lc 1-2; 8,19-21; 11,27-28; Gv 2,1-12; 19,25-27; At 1,14; Gal 4,4; Ap 12; ecc.), e la fidanzata e la donna dell'Agnello (Ap 19,7-8; 21,2.9-10; 22,17).
Giovanni Battista si definisce come l'amico dello Sposo, [...] mentre Gesù è il Messia-Sposo che possiede la Sposa (Gv 3,28-30; cf. Gv 1,27). [...] Mirjam di Nazaret è, ancora una volta, la personificazione privilegiata di questa vocazione e condizione “femminile” di Israele e dell'umanità. Lei è la donna (ghyné: Gv 2,4; 19,26; Gal 4,4; Ap 12; ecc.), che è piaciuta a Dio (Lc 1,30) come Ester al re Assuero (Est 2,17; 5,8; 7,3; Rt 2,13; ecc.).
A lei sono indirizzati i primi annunci della gioia della maternità messianica destinati dai profeti alla figlia di Sion, alla figlia di Gerusalemme (Lc 1,28.30-33; cf. Sof 3,14-18; Zc 9,9; Redemptoris Mater, 14-17).
È lei, in un certo senso, la città di David, nella quale è nato per il popolo un salvatore, che è il Messia Signore (Lc 2,10-11).
Il Signore, JHWH, è con lei (Lc 1,28), in mezzo a lei (Sof 3,15.17) - questa volta davvero in maniera indubitabile (cf. Es 17,7) - così come egli è in mezzo a Gerusalemme.
Ella è la piena di grazia (kecharitoméne: Lc 1,28; cf. Ef 1,6 e anche Redemptoris Mater, 7-11), della pienezza di nuziale favore divino che travolge tutte le frontiere, non solo quelle erette dal peccato, ma persino quelle segnate dalla creazione».
(Francesco Rossi de Gasperis, Maria di Nazaret. Icona di Israele e della Chiesa, Edizioni Qiqajon, Magnano, 1997, pp. 73-77).

In vari modi i testi del concilio Vaticano II hanno espresso questa concezione sponsale della vita della Chiesa, affermando, ad esempio, che Dio, dopo aver parlato in passato ai nostri padri, non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio diletto (Dei Verbum, 8).
La Chiesa è amata da Cristo suo Sposo, che ha dato se stesso per lei (Lumen Gentium, 6, 7, 9, 39, 41; Gaudium et Spes, 48) e, al fine di perpetuare nei secoli il sacrificio della croce, affidò alla sua diletta Sposa la celebrazione eucaristica, memoriale della sua morte e risurrezione. L'intero anno liturgico è descritto come la celebrazione dell'opera di salvezza dello Sposo divino, e l'ufficio divino è presentato come l'incessante voce della Sposa che parla al suo Sposo (Sacrosanctum Concilium, 47, 84, 85, 102). Perciò “la Chiesa custodendo integra e pura la fede data allo Sposo, ad imitazione della Madre del suo Signore, conserva verginalmente integra la fede, solida la speranza, sincera la carità” (Lumen Gentium, 64).
È vero, come qualche amico sacerdote ha obiettato, che nei testi del concilio Vaticano II non si parla di Maria come Sposa, ma è anche vero che tutto ciò che viene detto della Chiesa può essere detto di Maria, in quanto: “La Madre di Dio è figura della Chiesa [...], immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura” (Lumen Gentium, 63, 68). Senza dimenticare che non era intenzione del Concilio “proporre una dottrina esauriente su Maria, né dirimere questioni dai teologi non ancora pienamente illustrate [...] circa Colei che nella Chiesa Santa occupa, dopo Cristo, il posto più alto e più vicino a noi” (Lumen Gentium, 54).
Alla luce di queste considerazioni e a fronte dei buoni frutti raccolti in questi primi dodici anni di cammino, confidiamo che queste rivelazioni sponsali di Maria concorrano ad arricchire la comprensione della “singolare dignità della Madre di Dio” (Lumen Gentium, 67), e auspichiamo, nei modi e nei tempi voluti da Dio, un loro futuro riconoscimento da parte della Chiesa, a sostegno della famiglia umana in pericolo e della Chiesa che in queste rivelazioni, come in uno specchio, può riconoscere e contemplare il proprio volto di Sposa amata dal suo Signore.