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Luglio 2017

Cari amici,
siamo ormai giunti alla conclusione dei “Quaranta giorni di preghiera e digiuno per la pace in Medio Oriente e nel mondo”. Il bilancio di questa esperienza è molto positivo: gli innumerevoli incontri di preghiera comunitari e le veglie nei santuari, le celebrazioni eucaristiche nelle parrocchie e il Rosario della Pace nelle case di riposo e nelle abitazioni con le persone sole, gli ammalati e le famiglie, i momenti di preghiera con gli emarginati e le prostitute sulle strade, la testimonianza della Tenda della Pace nelle varie città, il pellegrinaggio a Roma alle catacombe dei martiri che nella capitale dell’impero versarono il proprio sangue a testimonianza di Cristo, l’atto di Consacrazione del Medio Oriente nella basilica di San Pietro e alla grotta della Vergine della Rivelazione alle Tre Fontane, la giornata di ritiro all’eremo della Breccia, il viaggio in Terra Santa con gli indimenticabili incontri che lo hanno caratterizzato e di cui trovate una bella testimonianza nel racconto di Dario, tutto ciò ha impresso nel cuore di ognuno di noi un segno indelebile di pace e di grazia spirituale.
La presenza e la guida di Maria è sempre stata forte. Rileggiamo il suo messaggio trasmesso in occasione del pellegrinaggio a Roma:

Io nel vedervi ballo e canto di gioia, e tu [Giulio] mi dici che pensi di aver fallito?
Ti sbagli: nei cieli è festa! Lo Spirito Santo con le vostre preghiere sta frantumando tante armi e portando molta pace in tanti cuori. Sta iniziando proprio da voi: la vostra gioia è genuina.
Tu Giulio da tempo mi chiedi quale sia il compito di coloro che io ho scelto come consacrati. In questi 40 giorni la risposta alla tua domanda è chiara: dovete andare a testimoniare Cristo, dovete andare nelle famiglie, dovete pregare, organizzare regolarmente incontri di preghiera nelle case delle famiglie e delle persone sole e malate; dovete fare vostra questa esperienza dei 40 giorni che deve essere la vera regola della vostra vita.
Io sto benedicendo i vostri gruppi perche mi ricordano le parole di mio Figlio: dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro. Ogni consacrato dovrebbe creare attorno a sé gruppi di persone che sono mandate nelle famiglie, ovunque, a pregare e a far conoscere il messaggio di speranza che vi porto.
Mentre il demonio vuol creare scompiglio, lo Spirito Santo vi sta accendendo un fuoco dentro che sembra disordine e invece è una forza costruttiva e di ordine, un amore e una gioia che può sperimentare solo chi coltiva uno spirito umile.
Io sarò davanti a voi.

Ecco svelato l’intento di Maria per questi 40 giorni: innanzitutto coinvolgerci nel suo “piano spirituale” per la pace in Medio Oriente, ma anche farci comprendere e sperimentare in modo pratico il compito di un consacrato: i 40 giorni rappresentano il modello di come dovrebbero svolgersi le nostre giornate di vita personale e familiare.
Due avvenimenti molto significativi hanno caratterizzato la conclusione di questi 40 giorni.
Innanzitutto l’incontro a Gerusalemme con la comunità degli “ebrei messianici” guidata dai fratelli Ruben e Benjamin Berger nella loro “chiesa-sinagoga” presso la Porta di Giaffa. “Ebrei messianici” sono definiti quegli ebrei che professano la fede in Gesù di Nazaret (in Yeshua Hamashiah, come direbbero loro) come Figlio di Davide, Messia d’Israele, Figlio di Dio e Salvatore del mondo. Nella sola città di Gerusalemme si contano circa una trentina di comunità ebreo-messianiche. I loro membri, mal visti e spesso perseguitati dagli ebrei ultraortodossi, credono in Gesù e, al tempo stesso, conservano la loro identità ebraica. Questa è una novità importante: per secoli gli ebrei battezzati entrando a far parte della Chiesa dovevano obbligatoriamente abbandonare la loro identità, tradizione e cultura ebraica, come stabilito dal secondo concilio di Nicea del 787 d.C. che puniva con la scomunica quegli ebrei convertiti al cristianesimo che continuavano a osservare le pratiche ebraiche.
La ricomparsa di comunità ebraico-cristiane di questo tipo è sicuramente un evento storico e un “segno dei tempi” che stiamo vivendo.
È proprio alla loro comunità che è stato indirizzato il seguente messaggio di Gesù trasmesso a Giulio nel corso di un’apparizione avvenuta presso il Notre Dame Center di Gerusalemme. Il messaggio è stato consegnato a Ruben Berger lo scorso sabato 21 luglio a Gerusalemme:

Io sono l’Alfa e l’Omega,
Colui che giudica la profondità dei cuori.
A voi che siete continuamente alla mia ricerca dico: perchè non volete toccare le mie ferite? Perchè non volete sentire il battito del mio cuore?
Eppure il vostro amore verso di me è grande!
Ora vi chiedo: alla grande festa della luna nuova io sarò presente e, se volete, mi manifesterò per aprire a voi il mio cuore e per festeggiare con voi questa festa che in me si è adempiuta ed è impressa.

Il testo parla del grande amore di questi ebrei messianici per Gesù, e di una sua possibile manifestazione in occasione della prossima festa di Pasqua, festa “adempiutasi” e “impressa” in Cristo, come detto anche dall’apostolo Paolo in 1Cor 5,7-8.
Il secondo avvenimento conclusivo di questi 40 giorni è stato l’incontro che domenica sera abbiamo avuto col prof. Paolo Branca, islamista e responsabile della diocesi di Milano per i rapporti coi musulmani, e il sig. Fatih rappresentante della comunità musulmano turca di Milano aderente al movimento a carattere spirituale e umanitario “Hizmet” (= servizio) fondato da Fethullah Gülen. Questo movimento, presente in ben 170 nazioni, sostiene la necessità della coesistenza pacifica e del dialogo tra le civiltà su scala mondiale. In molti paesi sono state aperte scuole e università ispirate a questa visione e destinate a promuovere una versione moderata, moderna e pacifica dell'islam. Fethullah Gülen è stato anche uno dei promotori del dialogo interreligioso, incontrando leader religiosi ebrei e anche papa Giovanni Paolo II nel 1998. Anche in questo incontro cristiano-musulmano è emerso chiaramente come la figura di Maria costituisca una grande opportunità spirituale per un positivo rapporto tra le due comunità di fede. Lasciamo nelle mani della Santa Vergine anche questo “seme di pace” germogliato a compimento dei 40 giorni di preghiera per la pace.
Mentre ci prepariamo alla giornata del 2 agosto, di cuore rivolgiamo un pensiero di gratitudine e una preghiera per mons. Gian Paolo Citterio che per diversi anni ci ha accompagnato nel nostro cammino associativo ed ora ci precede verso la Gerusalemme celeste. Lo ricordiamo con affetto in occasione dell’inaugurazione dell’Associazione a casa Magnaghi l’ 8 gennaio 2006 (vd. la foto nel nuovo libro dei messaggi), e nella notte del 5 aprile 2006 mentre trasmette all’assemblea che attende in preghiera il messaggio di Maria appena ricevuto da Giulio. Un giorno ci disse: “Una delle prime cose che chiederò alla Madonna quando la vedrò in cielo è come mai nei Vangeli interveniva così raramente mentre in quest’epoca lo fa così spesso?”
La risposta di Maria a questa domanda gli fu trasmessa dopo un certo tempo di preghiera, ma ci piace immaginarlo mentre in cielo se ne sta seduto ai piedi della Vergine ascoltando le risposte alle sue domande sul significato profondo delle cose, senza trascurare qualcuna delle sue battute umoristiche per cui era famoso!

Un caro saluto a tutti!

p. Associazione Sposa di Sion
il presidente
Angelo Ansalone


RACCONTO DEL VIAGGIO A GERUSALEMME DI DARIO REDAELLI

Gerusalemme, 18-22 luglio 2017

E’ difficile in poche parole raccontare le esperienze che ciascuno ha fatto e le emozioni che ha provato, i doni spirituali ricevuti in questo viaggio missionario. Nelle righe che seguono cercheremo di comunicare le esperienze fatte insieme.
Anzitutto una considerazione, su questo viaggio nel cuore delle terre che Maria chiede insistentemente di consacrare al suo cuore, Gerusalemme, il luogo dove Cristo ha versato il suo sangue per la salvezza dell’umanità e dove è risorto e risalito al cielo, il luogo dove, forse più di ogni altro, il Demonio cerca di seminare il suo veleno, seminando odio e divisione, per distruggere l’opera del Signore. Gerusalemme, luogo terreno che prefigura la Città celeste che verrà con il ritorno di Cristo.
Che senso ha questo viaggio spirituale (niente di turistico) nel contesto dei 40 giorni di preghiera per la pace voluti da Maria Sposa della Famiglia? Testimoniare la necessità della preghiera nella costruzione della pace e la grande vicinanza della Madre di Dio a tutta l’Umanità, coinvolgere nella preghiera quante più persone possibile a Gerusalemme ed anche (lo abbiamo avuto in dono tramite incontri provvidenziali con persone e gruppi di diverse nazioni in tutti i giorni di permanenza) nel mondo intero.
A questo obiettivo primario dobbiamo aggiungere anche la bella esperienza di fraternità e di amore reciproco che ci hanno accompagnati in tutti i giorni, fatti di attenzione, di dialogo, di condivisione e naturalmente di preghiera e di momenti di incontro comunitari.

Martedì 18 luglio, primo pomeriggio, ecco le mura bianche di Gerusalemme, che il salmista ci richiama, un’emozione forte sia per chi le vede per la prima volta che per chi vi ritorna. Giulio e Angelo ci hanno preceduto e preparato spiritualmente il terreno.
Siamo alloggiati vicino al Santo sepolcro, appena fuori le mura. L’avventura comincia proprio con la visita al Santo sepolcro, il luogo dove tutto si è compiuto. Partecipiamo alla Santa Messa in lingua polacca, insieme a un gruppo di giovani pellegrini proveniente da quella terra, al termine recitiamo per la prima vola la preghiera nei pressi del luogo della Resurrezione. Lasciamo anche ad alcuni giovani polacchi e al loro sacerdote la preghiera con l’invito a recitarla. Ce lo assicurano. Siamo partiti! Il giorno successivo ci divideremo e porteremo il messaggio di Maria in tutta Gerusalemme est (dentro le mura nella città vecchia).
Alla sera preghiera comune nella bella cappella dell’albergo, per ringraziare di questa opportunità missionaria e chiedere coraggio e gioia di annunciare ancora la possibilità, tramite Maria, di arrivare ad una pace duratura.

Mercoledì 19 luglio è il primo giorno dedicato all’annuncio e alla recita della preghiera di consacrazione nelle chiese di Gerusalemme. Formiamo tre gruppi che si dividono in tre zone la città.
Un’esperienza molto viva, in tutta semplicità proponiamo la nostra esperienza, la necessità della preghiera per invocare la pace ai sacerdoti, alle suore, anche ai semplici fedeli che incontriamo. L’accoglienza è quasi sempre positiva, ad esempio incontriamo disinteresse nella chiesa del Santo Sepolcro, sia dai frati cattolici che dagli ortodossi, ma accoglienza calda nella chiesa protestante, dove un pastore donna accetta di pregare insieme a noi. Così un gruppo di brasiliani, alla settima stazione, le suore adoratrici alla quarta, che accettano di farci recitare la preghiera a voce alta davanti al Santissimo. Sentiamo dentro di noi una forza che ci spinge a proporci con semplicità, ma senza paura. Vorremmo proporre la preghiera agli islamici, ma le moschee sono chiuse.
Nel pomeriggio altra esperienza significativa prima alla chiesa della “dormitio virginis” dove preghiamo Maria e recitiamo la preghiera di consacrazione con un gruppo di cattolici messicani presenti. Sono molto contenti anche loro di questa esperienza e portano con sé il volantino con la preghiera. Successivamente presso il cenacolo e la tomba di Davide una breve riflessione di Giulio e poi possiamo entrare nella adiacente sinagoga, dove è in corso un momento di preghiera ed una cerimonia ebraica molto gioiosa. All’esterno incontriamo una donna ebrea con la quale intratteniamo un dialogo, al termine del quale sperimentiamo le distanze di alcuni ambienti dell’ebraismo nei confronti del cristianesimo. Vi sono anche segnali positivi: Angelo con alcuni di noi stabilisce un contatto con gli ebrei messianici, che riconoscono Gesù come Messia, con appuntamento a sabato mattina.
Dopo la Santa Messa nella cappella dell’albergo alla presenza di persone di altre nazionalità, (ci si sente chiesa universale) in lingua inglese ma con spiegazione delle letture in italiano da parte del sacerdote celebrante e canti in italiano, la serata è dedicata a una riflessione comunitaria, Giulio richiama il senso del viaggio missionario e la necessità della preghiera, soprattutto in questi giorni, ed anche oltre l’esperienza dei 40 giorni. Lo Spirito è particolarmente presente e si rivela nelle parole di chi interviene ciascuno con un proprio contributo originale.

Giovedì 20 luglio è uno dei momenti speciali del pellegrinaggio, con la trasferta al Monte Carmelo, luogo del profeta Elia, per mantenere una promessa fatta tre anni fa, quando lo Spirito Santo e Maria, attraverso Padre Eugenio e Suor Marta, ricordarono all’Associazione la necessità di mettere in pratica la propria vocazione profetica all’interno della Chiesa.
La partenza è preceduta da una santa messa nella grande chiesa dei francescani, poco distanre dall’albergo, che diventa il luogo al termine della quale il sacerdote italiano che celebra, accoglie l’invito a recitare la preghiera insieme a noi. Ci ricorda che oggi è proprio la festa di Sant’Elia profeta: il giorno giusto per salire al Monte Carmelo.
Nella chiesa dedicata alla Madonna e al Santo profeta, nostro maestro spirituale nella dimensione profetica dell’Associazione, due momenti significativi: dopo una riflessione spirituale di Giulio, la famiglia di Gianni, per la prima volta con noi, compie un emozionante gesto comunitario di sottomissione alla Chiesa e di ingresso nell’Associazione, con l’unzione. Un bellissimo momento che richiama il senso di comunione presente tra tutti i pellegrini.
Davanti alla grotta del profeta, invochiamo la sua protezione sull’Associazione e recitiamo con cuore la preghiera di consacrazione per la pace nelle terre mediorientali. Un momento molto significativo per ciascuno di noi: c’è tanta gioia nei nostri rapporti.
Dopo la decisione dedicare il giorno successivo a Betlemme, la giornata si conclude con un incontro con Giulio che si mette a disposizione per rispondere a tutte le domande di ordine spirituale e teologico che gli vengono poste. La sua disponibilità e la sua pazienza sono davvero una ricchezza!

Venerdì 20 luglio inizia con la Santa Messa nella vicina chiesa Francescana in lingua italiana, al termine della celebrazione recitiamo con i frati francescani la preghiera di consacrazione, ce n’è proprio bisogno: nella giornata di preghiera dei fedeli islamici Gerusalemme diventa teatro di scontri tra la polizia e i dimostranti che reclamano la riapertura della Spianata delle Moschee, chiusa in seguito ai fatti sanguinosi del venerdì precedente.
Fin dal mattino la polizia presidia tutte le porte di accesso alla città vecchia, c’è una calma insolita che non promette nulla di buono. Partiamo quindi in modo provvidenziale per Betlemme, dove visitiamo e preghiamo per la pace nella Basilica della natività. Un gruppo si reca nell’orfanatrofio cattolico che ospita bambini abbandonati da famiglie palestinesi per una significativa esperienza di carità e di incontro con gli ultimi, i prediletti da Gesù e da Maria. Dalla moschea di fronte alla basilica insieme alle preghiere arrivano parole dai toni minacciosi che al termine della celebrazione fanno scattare anche qui il risentimento nei confronti degli israeliani. Rimbalzano sui media le notizie degli scontri a Gerusalemme e nel vicino check point che porta a Betlemme. Ci rechiamo al campo dei pastori per pregare per la pace, nel luogo significativo del “Pace in terra agli uomini di buona volontà”. Qui viviamo un’altra bella esperienza di comunione di preghiera. Nella cappella circolare che ricorda l’avvenimento intoniamo un canto, ben presto veniamo raggiunti improvvisamente da un numeroso gruppo di persone di colore proveniente dagli Stati Uniti. Chiediamo loro se vogliono pregare per la pace consegnando il testo in inglese della consacrazione. Accettano di pregare con noi e lo fanno con tanto cuore e tanta partecipazione che l’emozione è davvero forte, come la presenza spirituale degli angeli. A quell’ora a Gerusalemme stanno finendo gli scontri: questa preghiera ha disarmato gli animi e fermato le armi.
Dopo la preghiera il gruppo di americani intona il canto dell’Alleluja, a cui ci aggreghiamo, tenendoci per mano, è un momento davvero bello ed emozionante, che testimonia come si può e si deve invocare Dio senza pregiudizi e senza divisioni di origine religiosa. I nostri amici infatti non sono cattolici, ma davanti alla preghiera per un obiettivo così importante come la pace, non si sono tirati indietro, anzi! Concludiamo con il canto dell’Ave Maria che non conoscono ma che seguono con attenzione. Ci abbracciamo con loro, non poteva essere diversamente.
Torniamo a Gerusalemme per n’altra strada, perché l’entrata da cui siamo arrivati è chiusa, la città vecchia è deserta ed i turisti sono invitati a rimanere negli hotel. Qualcuno vorrebbe andare al Muro del pianto per l’inizio dello Shabbat ma il consiglio è di restare “a casa”. Qualcuno si arrischia ad andare in tarda serata, in una città deserta, popolata solo da qualche gruppetto di adolescenti e ancora presidiata dalla polizia, nei punti nevralgici.

Sabato 22 luglio è l’ultimo del soggiorno a Gerusalemme. In programma la visita al Getsemani, dove un anno fa è iniziata con il Patriarca latino la preghiera per la pace in medio Oriente in attesa della Consacrazione da parte del Santo Padre, la preghiera al Muro del pianto e l’incontro con i responsabili degli Ebrei messianici.
La giornata comincia con la Santa Messa nella chiesa dei francescani, divenuta ormai la nostra meta mattutina, poi ci dirigiamo verso il Getsemani, passando inevitabilmente per la Porta dei Leoni, teatro degli scontri del giorno precedente. Anche oggi un grande spiegamento di forze di polizia e di fronte gruppi di uomini e di donne apparentemente tranquilli in attesa. Passiamo senza problemi.
Nella basilica del Getsemani assistiamo alla Santa Messa celebrata dal Vescovo di Caserta e al termine recitiamo la consacrazione intorno alla pietra dove Gesù ha pregato e sudato sangue. Con noi pregano anche alcune suore e u gruppo di brasiliani presente in quel momento. Un altro momento di comunione con persone di altre nazioni che contribuisce a diffondere il messaggio di Maria Sposa della famiglia. All’uscita dalla chiesa un incontro molto significativo con due suore salesiane italiane che svolgono la loro missione rispettivamente in Egitto, tra i cristiani perseguitati e in Siria, teatro delle atrocità perpetrate dall’Isis. Ascoltiamo storie di coraggio e di testimonianza autenticamente evangelica (delle suore) e di martirio (udiamo dal vivo il racconto di episodi di violenza contro i cristiani della Siria e della loro fedeltà al Vangelo).
Tornando in città per andare al Muro del Pianto (un gruppo) e all’incontro con gli Ebrei messianici (un gruppetto) passiamo per un’altra strada, alla Porta dei Leoni sono scoppiati nuovamente disordini tra Polizia e dimostranti. Siamo sempre più convinti che dobbiamo continuare a pregare, solo un intervento di Dio può convertire i cuori, che sembrano indurirsi sempre di più, proprio qui dove Gesù ha seminato con il suo sangue la salvezza per l’umanità.
Al muro del Pianto andiamo in mezzo agli ebrei che salmodiano con toni e ritmi diversi, un ebreo gigantesco si alza e canta un verso di un salmo con una voce da basso che sembra provenire da un enorme shofar: quasi un grido o un grande lamento. Esco, mi appoggio a muro e con qualcun altro recitiamo la preghiera di consacrazione con tanta amarezza nel cuore ma anche con speranza, perché “nulla è impossibile a Dio”. Appena fuori dal luogo sacro un ebreo con cui tentiamo di conversare non accetta la nostra proposta di pregare al Dio unico. Per lui non siamo figli dello stesso Dio. C’è solo da perdonare e pregare anche per lui.
Per fortuna da un’altra parte di Gerusalemme, Angelo e altri amici stanno parlando con gli Ebrei Messianici, un gruppetto di quelli che riconoscono Cristo come il Messia annunciato dai Profeti. Uno scambio di vedute sicuramente importante che speriamo possa avere un seguito. Una breccia di speranza per arrivare a un dialogo, per fare almeno arrivare la novità di Cristo agli ebrei, molti dei quali non lo conoscono.
In serata di conclude il nostro pellegrinaggio: abbiamo vissuto giorni di preghiera, di fraternità, di comunione spirituale con persone di popoli diversi, abbiamo vissuto da vicino le tensioni che derivano dalla contrapposizione ostinata di due religioni, di due popoli che provengono dallo stesso padre Abramo, che non riescono a parlarsi, che all’apparenza sembrano alzare solo muri, non solo tra loro, ma anche nei confronti dei cristiani.
Questa città della Pace, quale dovrebbe essere grazie al sacrificio di Cristo compiuto proprio su questo suolo, è per certi aspetti una polveriera da cui potrebbe deflagrare una crisi rovinosa anche oltre le sue mura. E’ una città simbolo per ebrei e musulmani, e basta un nulla per scatenare azioni e reazioni.
Non c’è alternativa alla preghiera, ha ragione Maria a chiedere impegno in questo senso, a chiedere di cambiare i cuori, di cambiare le famiglie, di far sì che si educhi all’amore, alla tolleranza e alla giustizia. Tutte cose che si possono fare solo con l’aiuto di Dio. Le nostre forze sono piccole, ma se e mettiamo nelle mani di Cristo, tutto diventa possibile.

Dario